Quando siamo piccoli - ma piccoli piccoli - abbiamo bisogno di qualcosa che ci aiuti a passare dal giorno alla notte. Una specie di Caronte che ci traghetti da quello che conosciamo – la realtà, la luce, il mondo in cui viviamo - a quello che non conosciamo, come il sonno, il buio e il mondo dei sogni dove piomberemo. Ad accompagnarci in questo passaggio spesso è una ninna nanna, qualcosa di melodico che ci rassicuri. Anche quando siamo un po’ più grandicelli non ci dispiace che un adulto - la mamma, il papà - ci canticchi una filastrocca – din, don, dan, le campane de Bassan... - o ci legga una fiaba. Si tratta sempre di voci, di suoni a cui ci leghiamo subito e che ci permettono di lasciarci andare. Ma se ci pensiamo anche quando siamo più grandi – chi non se lo ricorda? – ogni avvenimento è associato ad una canzone. Infatti la canzone non ha bisogno di apprendimento per essere apprezzata, compresa. Non ha bisogno di interprete. Si "sente".
LA MIA STORIA
Prima di cominciare a scrivere canzoni, ho cominciato a suonare una piccola fisarmonica che mi venne regalata in famiglia quando avevo 8-9 anni. Allora la fisarmonica era uno strumento delegato al liscio, così a 13 anni cominciato a suonare la chitarra da autodidatta. E' sato da lì che ho cominciato ad ascoltare molta musica, soprattutto italiana (ma senza rinunciare a Bob Dylan, ai Beatles, agli Abba, agli Inti Illimani...), che imparavo a suonare per mio conto. I miei miti giovanili erano Caterina Caselli, Equipe 84, I Camaleonti, i Dik Dik, che cantavo con un quartetto che avevo chiamato "I Koala".
I Koala. Oltre a me, Gianni Baggio al basso, Older Spezzati alle tastiere e Ivano Baggio (che non appare nella foto) alla batteria (1971)
Il Collettivo Musicale di Unità Popolare (1981)
In Piazza Libertà a Bassano (1973) per la venuta di Sandro Pertini, allora presedente del Senato, nell'anniversario della Liberazione (1973)
Poi ho cominciato ad appassionarmi ai cantautori, Francesco Guccini, Fabrizio de André, Enzo Jannacci, Francesco De Gregori. Successivamente è stata la volta della canzone popolare: Giovanna Daffini, il Canzoniere delle Lame, Caterina Bueno, il Canzoniere Popolare Veneto. Nel 1966 Dario Fo mise insieme uno spettacolo musicale e teatrale - Ci ragiono e canto, nati in seno all'Istituto Ernesto de Martino - che riassumeva in un paio d'ore tutto ciò che c'era da sapere sui canti popolari e di lavoro nel nostro Paese. Un progetto meraviglioso, emozionante. Da lì nacque la mia passione per questa tipologia di musica, che andava dalle canzoni anarchiche - Addio Lugano bella - a quelle pacifiste, come O Gorizia tu sei maledetta... In questo ambito crescevano "cantautori" come Giovanna Marini, Paolo Pietrangeli, Ivan della Mea, che reinterpretavano la tradizione orale a livelli certamente più adeguati al tempo, quasi sofisticati nella ricerca delle parole, delle musiche, delle storie.
Giovanna Marini canta il suo Lamento per la morte di Pasolini
Parallelamente emergeva il rock progressive italiano con la Premiata Forneria Marconi, i New Trolls, gli Area con Demetrio Stratos, il Banco del Mutuo Soccorso, gli Stormy Six, Le Orme, che portavano una sferzata innovativa al panorama musicale del nostro Paese in cui ancora primeggiavano Claudio Villa e Orietta Berti. Nascevano le "radio libere", mentre le voci di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni rompevano la stagnazione radiofonica con trasmissioni musicali come "Bandiera gialla" (1965)", "Per voi giovani (1967)", "Alto Gradimento (1970)". Potrei dire che tutto ciò ha rappresentato un "brodo di cultura" che mi ha plasmato fino a comporre le prime canzoni, alla fine degli Anni '70, e a proporle al pubblico con un gruppo piuttosto numeroso di amici, inizialmente con spettacoli attinti alla tradizione musicale popolare, portati in giro per il Veneto e presso le comunità italiane in Svizzera e in Germania. Poi con composizioni originali. La prima di queste si intitolava "Ballata nostrana", un "concept concert"- piuttosto ingenuo col senno di poi - dedicato al riscatto delle classi più povere. Superata la fase giovanile, ho continuato a scrivere e a cantare in occasioni poco più che amichevoli. Fino - direi - ai giorni nostri, in cui l'eco di tutto ciò risuona dentro di me e nelle canzoni che continuo a comporre.